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Patto europeo immigrazione e asilo

Patto europeo immigrazione e asilo

Il Consiglio Europeo, istituzione dell’UE che definisce le priorità e gli orientamenti politici generali dell’Unione, formato dai Capi di Stato o di Governo dei 27 paesi membri, ha ratificato, il 14 maggio 2024, il Patto Europeo sulla Migrazione e l’Asilo.

L’Italia, come tutti gli altri Stati, ha tempo fino a giugno 2026 per adeguare la propria legislazione al Patto.

Ma che cosa prevede questo insieme di nuove norme e soprattutto cosa cambierà nella gestione dell’accoglienza e del nostro lavoro quotidiano?

La struttura del Patto si incardina su quattro pilastri tematici:

  • Frontiere esterne sicure
  • Procedure rapide ed efficaci
  • Sistema efficace di solidarietà e responsabilità
  • Integrare la migrazione nei partenariati internazionali

Il primo pilastro insiste sulla logica del blindare le frontiere esterne in modo da impedire qualsiasi arrivo non regolare. Questo dovrebbe avvenire attraverso accertamenti rigorosi: coloro che non soddisfano le condizioni per entrare nell’UE saranno registrati e sottoposti a controlli di identità, sicurezza e salute.

La Banca dati Eurodac sull’asilo e la migrazione diventa, attraverso uno specifico regolamento, una banca dati a pieno titolo in materia di asilo e migrazione, in grado di garantire un’identificazione chiara di chiunque entri nell’UE come richiedente asilo o migrante irregolare.

Inoltre “una procedura di frontiera obbligatoria si applicherà ai richiedenti asilo che probabilmente non necessitano di protezione, che inducono in errore le autorità o che costituiscono un rischio per la sicurezza”. A coloro che non possono beneficiare della protezione internazionale sarà applicata una procedura di rimpatrio efficiente con sostegno alla reintegrazione.

Il secondo pilastro prevede norme chiare in materia di asilo, in modo che non si creino più discrepanze di modalità e di trattamenti di una domanda d’asilo fra i paesi membri. Il patto prevede infatti un regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione.

Si prevede, comunque, un’attenzione specifica a garantire i diritti delle persone: la direttiva sulle condizioni di accoglienza stabilisce norme armonizzate in tutta l’UE, garantendo un tenore di vita adeguato ai richiedenti asilo e, nel contempo, rafforzando le misure di salvaguardia e le garanzie e migliorando i processi di integrazione.

Il terzo pilastro cerca di risolvere la difficile questione dell’aiuto reciproco fra paesi membri: il nuovo quadro di solidarietà garantisce che i paesi dell’UE ricevano la solidarietà di cui hanno bisogno. I paesi dell’UE scelgono le modalità di partecipazione, tra ricollocazioni, contributi finanziari e sostegno operativo.

Sono previste norme più chiare per la competenza delle domande di asilo: le nuove disposizioni chiariscono i criteri che determinano il paese dell’UE competente per la valutazione di una domanda di asilo.

Inoltre si dedica un ampio e puntuale capitolo alla prevenzione dei movimenti secondari (movimenti che portano le persone a spostarsi verso altri paesi dell’Unione, dopo il primo approdo): i richiedenti asilo devono fare domanda di protezione internazionale nel paese dell’UE di primo ingresso e rimanere in tale paese fino alla determinazione del paese competente per la loro domanda. Questo prevede una restrizione forte della mobilità dei richiedenti anche all’interno dello Stato competente alla valutazione della domanda.

Per finire il quarto pilastro consiste nella prevenzione delle partenze irregolari, attraverso il rafforzamento delle capacità delle autorità preposte alla gestione delle frontiere nei paesi partner prioritari, anche attraverso una cooperazione rafforzata con Frontex.

È prevista la lotta al traffico di migranti stipulando accordi operativi con paesi partner e agenzie delle Nazioni Unite, ma anche la cooperazione in materia di riammissione: “lo sviluppo della migrazione legale va di pari passo con una cooperazione rafforzata in materia di rimpatri e riammissione”.

Viene citata anche la promozione di percorsi legali per facilitare le assunzioni internazionali e la possibilità di percorsi formativi e di studio.

Se volessimo fare una lettura critica e ipotizzare cosa succederà quando l’Italia recepirà le norme del Patto si può dire che purtroppo non vediamo grandi cambiamenti all’orizzonte, in termini di gestione efficace degli arrivi e di politiche di inclusione.

La complessità del fenomeno migratorio e la continua evoluzione delle dinamiche degli spostamenti sembrano sempre non essere il focus delle normative che si sono susseguite in questi anni.

Ancora una volta siamo in presenza di un approccio securitario del fenomeno e di inasprimento delle misure di coercizione: rendere difficile l’accesso in Europa non inibisce affatto la necessità di trovare un posto sicuro dove rifugiarsi.  La logica del blindare le frontiere esterne si è dimostrata sempre fallimentare, causa di migliaia di perdite di vite umane e sempre in violazione di diritti umani, come da anni sostengono Amnesty International e diverse agenzie internazionali, tra le quali anche l’UNHCR. Insistere ancora una volta su queste politiche è ulteriormente miope e poco efficace.

Purtroppo le procedure rapide di esame della richiesta di asilo alla frontiera, che con il patto verranno ulteriormente incrementate e codificate, hanno già dimostrato che sarà difficile individuare eventuali persone fragili e bisognose di protezione. La “rapidità” è spesso sinonimo di superficialità nell’analisi dei bisogni dei richiedenti, oltre che, a volte, di violazione di diritti.

Bene l’attenzione sulla garanzia dei diritti delle persone in termini di accoglienza, ma come questa verrà interpretata nei capitolati dei bandi sarà tutto da capire; ricordiamo che ad oggi i capitolati della prima accoglienza non prevedono servizi di tutela legale, psicologica e fornitura di corsi di lingua italiana, pertanto ci aspettiamo un ripristino di questi servizi.

Un’ultima considerazione riguarda il principio di solidarietà fra gli Stati declinato nel terzo pilastro e accennato prima: il principio monetizza la persona, nel senso che se uno Stato membro decide di non accogliere sarà costretto a pagare un contributo equivalente al valore in denaro del numero di persone che rifiuta.

Fino a quando le politiche migratorie renderanno le persone che arrivano in Europa prive di umanità e dignità saranno sempre perdenti.

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